“Evviva Maria”, “Evviva Maria”. Con questo grido di giubilo i portatori di terra consegnano ai pescatori la vara dove poggia la statua lignea di Maria, l’Immacolata Concezione, lasciando che questi con fede continuino la processione lungo il litorale dove fu rinvenuta.
Prima di trattare del culto dell’Immacolata nella frazione Marina di Nicotera, della quale ne è Patrona e se ne rinnova la Festa l’8 dicembre, è opportuno ricordare, molto sinteticamente, le parole di Papa Giovanni Paolo II sull’impegno dei « … Padri della Chiesa, maestri di spiritualità cristiana [che], hanno dato voce alla fede della comunità dei credenti, mettendo in luce le verità che riguardano l’eccezionale specificità di Maria. … che la Chiesa onora con un “culto speciale” (Lumen Gentium, 66)»1.
Un culto che ha radici nelle Chiese d’Oriente e d’Occidente dove si celebrava la memoria della “Concezione di santa Maria”.2 Fu prima sospeso e poi ripreso nel 1120 dal Vescovo di Londra, Anselmo il Giovane che “si preoccupò di diffonderla attraverso i suoi scritti e quelli dei suoi discepoli: tra essi emerge Eadmero di Canterbury (+1141) considerato il primo vero teologo dell’Immacolata.”3
Per non dimenticare San Bernardo di Chiaravalle, Sant’Agostino, San Tommaso e senza trascurare l’autorevole contributo dottrinale del francescano Giovanni Duns Scoto4, “cantore dell’Immacolata Concezione”5 ed altri ancora per giungere, l’8 dicembre 1854, alla promulgazione della Costituzione Apostolica “Ineffabilis Deus” di Papa Pio X, relativa alla “definizione dell’Immacolata Concezione della beatissima Vergine Maria”. Con essa il Papa dichiarava e definiva “rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente.”.
E’ testimoniato che quando il Pontefice ebbe finito di pronunciare le parole della proclamazione dogmantica,
“un raggio di sole entrò dalla finestra sopra l’altare di Santa Maria della Colonna, investendo di luce il Papa e la sua cattedra. Questo fenomeno, immortalato poi [nel 1856] dal pittore Francesco Podesti nella Sala dell’Immacolata dei Musei Vaticani, fu inteso come un segno della compiacenza divina.”6
Una cassa arenata sulla spiaggia di Nicotera
Così mi piace immaginare lo stupore che colse il pescatore della famiglia Di Capua, che illuminato da un raggio di sole, scrutando l’orizzonte, per primo avvistò, e recuperò, la cassa, dall’incerto contenuto, galleggiante sulla superficie marina ancora poco mossa rispetto alla mareggiata che ha imperversato lungo il litorale compreso tra lo Stretto di Messina e Capo Vaticano.
Una mareggiata che ha costretto l’equipaggio della nave che era in rotta di navigazione verso la Sicilia a liberarsi del carico che trasportava gettandolo a mare.
E’ bene precisare che il villaggio7 (oggi frazione del comune nicoterese) della Marina non era abitato da pescatori i quali risiedevano nel quartiere di “Palmenteri” della città. Un balcone che lascia spazio ad una vista sulla sconfinata area del Golfo di Gioia Tauro, abbracciando la Sicilia e le Isole Eolie, sulla destra, mentre sulla sinistra spazia nella parte appenninica dell’Aspromonte. E qui,
«Sulle classiche arene dell’antica Medma, quaggiù dove l’azzurro mare Tirreno si rallenta in un golfo e si confonde col verde intenso della flora calabrese, fra uno stupendo scenario naturale, vive e sboccia la ridente Marina di Nicotera che vive da due secoli prosperando nell’amore della sua protettrice e patrona: la Gran Madre di Dio, Maria SS. Immacolata Concezione. »8
Un raggio di sole che focalizza l’attenzione del pescatore su quell’oggetto galleggiante all’altezza del rione della “Marineja” (marinella, successivamente così denominato). Da lui è stato spontaneo chiedersi su che cosa potesse essere e, unitamente ad un parente della famiglia Saladino presero la via, una scorciatoia, ancora oggi esistente, per raggiungere la marina.
La testimonianza orale, più vicina a noi, del ritrovamento della cassa ci è stata data da un “diretto discendente dell’avvistatore”9 della famiglia Di Capua, Giovanni, uno degli ultimi anziani pescatori. Il suo pensiero, sicuramente, non andava oltre ad un contenuto più profano che religioso.
Nel frattempo che il Di Capua (la cui famiglia era conosciuta con il soprannome di “Rinaldi”) e il Saladino (la cui famiglia era conosciuta con il soprannome di “Sguizzeri”) raggiunsero la spiaggia, la cassa, trasportata dalla corrente del mare, si era arenata dopo qualche centinaio di metri dal luogo dell’avvistamento nella zona denominata “u Fossu”. Qui avvenne il recupero.
La statua venuta dal mare
Aperta la cassa si mostrò loro il vero contenuto, la statua di Maria, l’Immacolata, venuta dal mare. Ecco perché, per tradizione, rivivendo il percorso tracciato dalla galleggiante cassa, la processione partendo dalla chiesa si articola lungo le vie del paese per raggiunge la spiaggia. Qui ha il suo culmine spirituale ed emotivo con la consegna dai portatori di terra (di varie categorie sociali) ai pescatori che avendola ricevuta si posizionano sotto le stanghe della vara esclamando “evviva Maria”, “evviva Maria”, portandola a spalla e immergendosi nelle fredde acque dicembrine, qualunque sia il moto del mare. Essi ripercorrono il tragitto del ritrovamento, accompagnati lungo il litorale da una folla di fedeli in cammino orante inframmezzato dal suono della banda musicale che eleva note di inni sacri. Durante il percorso a mare i portatori, che hanno diritto ad essere tali per eredità, vengono guidati dai due più anziani pescatori che, collocatisi a prua e a poppa guidano “quell’umana imbarcazione”, per dirla con Di Stilo, affinché tutto possa procedere bene e non mettere a rischio la sacra immagine. E l’antropologo Vito Teti puntualizza:
«I pescatori di Nicotera, camminando lungo la riva, nell’acqua, per circa quattrocento metri, fino al “Fosso”, ripetendo il tratto di mare che separa il punto in cui gli antenati hanno visto la statua a quello dove l’hanno recuperata ma non è difficile capire che essi compiono un viaggio ancora più lungo e profondo nella mitologia, nella simbologia, nella storia e nell’antropologia della loro terra e della loro comunità. L’immersione nell’acqua è anche una “prova” che affrontano in “onore della Madonna”: il loro è un voto impegnativo, faticoso, che presenta anche elementi “penitenziali” e “sacrificali”, come accade nei riti di “rigenerazione”, di “rifondazione”, di riorganizzazione dei luoghi e del tempo.”10
Del ritrovamento ne dà notizia Pasquale Laureani (Nicotera 1814 – 1877, avvocato, professore di diritto, regio pretore) che per la ricorrenza dei festeggiamenti religiosi dell’Ascensione del Salvatore del 17 – 20 maggio 1855 scrive che
a “Nicotera Città non ultima nella provincia di Calabria Ultra Seconda … Scoccavano le ore venti del 19, … un drappello di Guardie Urbane muovevano per la marina, affinché rilevassero dal suo tabernacolo la leggiadrissima immaginetta di nostra Donna, adorata sotto quel titolo, e colà venuta miracolosamente in tempo a noi non lontano (1)”11.
Un rilevare da offrire al Vicario del Vescovo (ottimo ed esimio novello) Filippo de Simone (1855 – 1889) in visita alla Città. Nella nota al testo dello stesso Laureani si legge:
“Dicesi che cotesta immagine sia a noi arrivata per un naviglio che la trasportava, ed il quale solcando il nostro golfo fermavasi alla vista di Nicotera, e non poteva continuare il suo viaggio, se non discaricando quella per farne un dono al tempietto della nostra marina àn rinteso poscia gli effetti prodigiosi della protezione della Vergine Immacolata, a cui son ricorsi.”
Una processione unica
Non c’è altra processione dove l’Immacolata è portata a mare a spalla dai pescatori, in tutte le altre la Statua è collocata su una barca. Per questa esclusività si sta preparando la necessaria documentazione da inoltrare all’UNESCO finalizzata all’eventuale riconoscimento a patrimonio culturale immateriale, come tradizione viva trasmessa dai nostri antenati12, ma questa è un’altra storia.
Una processione suggestiva, fortemente emotiva, caratterizzata dalla detta peculiarità, e dal radicamento del culto locale, che trova spazio di fede anche nel prosieguo del racconto orale. Dopo qualche tempo dal rinvenimento della statua lignea, (forse) di scuola napoletana, alta circa 180 centimetri, la datazione dovrebbe essere intorno alla seconda metà del 1700, si presentarono nel Villaggio delle persone dichiaratisi proprietari del carico della nave. Cercavano di riottenere quanto era stato gettato in mare dall’equipaggio messo in pericolo dalla forte mareggiata e poterlo recuperare anche nei paesi limitrofi a Nicotera dove si sapeva che parte di quel carico si era arenato. Ma, miracolo non documentato, non gli è stato consentito di riprendersi la statua perché divenne talmente pesante che non fu possibile spostarla dal luogo dove era stata sistemata dagli stessi pescatori. Da qui la fondazione del culto che entra nel vivo con un misto di sacro e profano, con gli accordi tra il parroco e i pescatori i quali ritenevano il ritrovamento come atto di proprietà virtuale e di buon auspicio per il duro lavoro che li attendeva nel solcare il mare.
«In un documento della Curia Vescovile, in cui venne ricordata la “bolla di fondazione” della parrocchia, si legge, infatti, che fin dai tempi della sua istituzione “i padroni di barca si sono obbligati a somministrare in perpetuo all’arciprete pro tempore una annua prestazione denominata “quarta” del pescato»13
Ma non solo i proprietari di barche, anche i semplici pescatori [che] con le loro prestazioni hanno contribuito allo sviluppo della Chiesa ed all’onesto sostentamento dell’arciprete pro tempore erano tenuti all’osservanza su quanto convenuto. Sembra che, ci trasmette ancora il Di Stilo, nel racconto dell’anziano pescatore Giovanni Di Capua, confortato dal ricordo di altro anziano pescatore, Francesco Tripodi, le parti, parroco / pescatori, quest’ultimi sia padroni di barca o semplici pescatori, avessero sottoscritto un documento notarile, “strumentu” col quale si prendevano accordi circa i diritti vantati in caso di morte, non solo come proprietari di barca e le loro mogli, ma anche da semplici prestatori d’opera come terzi.
Da molti anni “u strumentu”, con o senza notaio, non è più vigente.
Completato il percorso tradizionale del rinvenimento della cassa e tornati sulla terraferma, i pescatori, e tutti i fedeli astanti, ascoltano il panegirico che il parroco rivolge anche come ringraziamento devozionale alla Madre Celeste. I portatori di terra riprendono possesso della vara e percorrendo altre strade del paese rientrano in chiesa al giubilante grido di “evviva Maria”.
Ancora una volta il racconto biblico mi torna alla mente. Il Lago di Tiberiade con i discepoli di Gesù, loro erano pescatori. Anche qui la volontà di Dio si palesa ai pescatori, agli uomini semplici, verso i quali porgere lo sguardo. Ed in quel luogo, la spiaggia ed il mare, con il duro e rischioso lavoro, i pescatori hanno trovato la “complicità” della Madre di Gesù per erigere un tempio a Lei dedicato ed alle fasi della sua vita.
I vari terremoti che si sono succeduti nel tempo in Calabria e che hanno colpito anche il territorio di Nicotera, hanno distrutto più volte i sacri edifici della Marina. Essi venivano ricostruiti e la parrocchia che era prima in dedicazione all’Annunziata passò poi “sotto il titolo di S. Maria della Concezione”14, oggi dell’Immacolata Concezione.
La leggenda ricorda che in uno degli ultimi devastanti terremoti che colpirono la nostra terra quello del 1894, la chiesa fu distrutta e un proprietario di barche “u Tata”, Nicola della famiglia La Valle, miscredente, che svolgeva attività commerciale marittima portandosi a Messina, alle Isole Eolie, raggiungendo anche la Campania, invocò la Madonna vedendola lacrimare. Da qui la sua conversione ed un possibile messaggio rimanendo però semplice legenda.
L’ultima edificazione, quella attuale, della chiesa parrocchiale della Marina dopo il sisma del 1894 è opera di mons. Barone Girolamo Lacquaniti (1862 – 1918), Protonotario Apostolico dove, nella parete sinistra della navata centrale, “riposano gli avanzi mortali”. Mons. Domenico Maria Valensise, vescovo di Nicastro, amministratore apostolico della diocesi di Nicotera – Tropea, il 3 agosto 1901 inaugurò il monumento antistante la chiesa dedicato all’Immacolata.
Giovanni Bianco
1 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti alla terza pubblica Seduta delle Pontificie Accademie (7.11.1978).
2 S. M. CECCHIN, Ofm, Maria Immacolata. Il dogma dell’amicizia con Dio, Editrice Velar, 2012³. L’Autore è presidente della Pontificia Accademia mariana internazionale.
3 Ivi.
4 G. DUNS SCOTO (Beato), Duns 1265/1266 – Colonia 1308, francescano, teologo, soprannominato Doctor Subtilis.
5 GIOVANNI PAOLO II, cit.
6 S. M. CECCHIN, op. cit.
7 Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie, Anno 1835, N.° 114, Semestre I, Decreto (N° 2740.) … Napoli, 18 Maggio 1835: “FERDINANDIO II, per la Grazia di Dio Re del Regno delle Due Sicilie. … , Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue. Art. 1. La marina di Nicotera nella seconda Calabria ulteriore è dichiarata villaggio del comune stesso. …”. Digitalizzato da Google.
8 F. PANI, Marina di Nicotera, Barbaro Editori, Gioia Tauro, 1978.
9 U. DI STILO, La processione dell’Immacolata a Nicotera Marina, Gazzetta del Sud, Terza pagina,
8 dicembre 1993 e sulla rivista Proposte, periodico di Nicotera, n. 18 del 16/31 dicembre 1993.
10 V. TETI, Culto dell’Immacolata, organizzazione dello spazio e costruzione dell’identità, in A. ANSELMI, a cura di, L’Immacolata nei rapporti tra l’Italia e la Spagna, De Luca Editori d’Arte, 2008, pp. 187 – 214.
11 P. LAUREANI (Nicotera 1814 – 1877), Regio Pretore, “Illustrazione di un’ antico marmo rinvenuto appo la Cattedrale Chiesa di Nicotera sotto i rideri del vecchio Episcopato”, presso A. Della Croce, Napoli 1856 – Biblioteca nazionale, Cosenza.
12 Sito UNESCO Italia, https://www.unesco.it/it/italianellunesco/detail/189.
13 U. DI STILO, cfr.
14 FERDINANDO II, Real Decreto per la erezione in titolo parrocchiale della chiesa di S. Maria della Concezione nella marina di Nicotera, Napoli 12 novembre 1834, Collezione degli Atti emanati dopo la pubblicazione del Concordato dell’anno 1818 a tutto l’anno 1834. Digitalizzato da Google.