Azioni di sistema per fermare lo sfruttamento nei campi e costruire filiere etiche. Nostra battaglia per le lavoratrici, tra le vittime più frequenti
Controlli e pene più rigorose, ma anche prevenzione, integrazione e cultura della legalità. Solo così si può sconfiggere il caporalato e fare in modo che tragedie inaccettabili come la morte di Satnam Singh non accadano più.
È il messaggio di Donne in Campo-Cia, all’indomani della manifestazione a Latina in memoria del bracciante indiano, abbandonato per strada dopo un brutale incidente sul lavoro.
“Condanniamo fermamente caporalato e lavoro nero e desideriamo esprimere la nostra più profonda vicinanza e solidarietà a Sony, moglie di Satnam Singh -ha detto Claudia Magnapera, presidente Donne in Campo del Lazio-.
In questo evento drammatico, come associazione, vogliamo denunciare anche che le vittime silenziose del caporalato e del lavoro irregolare in agricoltura sono spesso le donne”.
Queste lavoratrici “non solo subiscono sfruttamento nei campi, ma sono anche frequentemente vittime di violenza di genere -ha continuato Magnapera-. La loro condizione è resa ancora più precaria dalla mancanza di tutele e dal clima di omertà che spesso circonda queste situazioni. Non possiamo permettere che queste realtà vengano dimenticate. È nostro dovere continuare a lottare per la dignità e i diritti di tutti i lavoratori, con particolare attenzione a coloro che sono doppiamente vulnerabili”.
Un messaggio condiviso dalla presidente nazionale di Donne in Campo-Cia, Pina Terenzi, che ha rilanciato sulla necessità di fare squadra per arginare sul serio il caporalato in agricoltura: “Servono azioni di sistema -ha spiegato Terenzi- con un’alleanza necessaria tra istituzioni, parti sociali e terzo settore, per costruire insieme filiere etiche in cui sono rispettati i diritti fondamentali dei lavoratori e vengono premiate le aziende sane che, oggi, pagano il prezzo di una concorrenza sleale bastata sull’illegalità e sullo sfruttamento del lavoro”.
Fonte cia.it