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Sono numerose le “orme” lasciate dai vari popoli che calpestarono il nostro suolo calabrese.

Abbiamo reperti del Paleolitico Inferiore e a seguire, segni di molteplici popoli che si stanziarono qui nel corso dei secoli.
Dagli Ausoni discesero i Siculi, i Tauriani ed i Serd.
Dagli Enotri provennero i Choni, i Morgeti e gli Itali, dai quali, questi ultimi, derivò il nome della nostra penisola: ITALIA.

Ho provato una grande emozione nel visitare il luogo abitato dagli Itali, nella Contrada Petrosa di Gagliano, Catanzaro.
Un sito che risale tra il XIV e XIII secolo a.C. Oltre agli Itali ci furono, in seguito, i Bruzi e i Romani. Ecco le parole di Aristotele sul re Italo e il popolo degli Itali:
«Italo, re degli Enotri, da lui in seguito presero il nome di Itali e Italia l’estrema propaggine delle coste europee delimitate dai golfi di Squillace e di S. Eufemia, di lui dicono che abbia fatto degli Enotri, da nomadi che erano degli agricoltori stabili e che abbia imposto loro nuove leggi, istituendo tra l’altro per primo le sissizie» (Aristotele, Politica VII, 10, 2-3).

Alcuni storici, tra cui Antioco di Siracusa, Strabone e Aristotele, quest’ultimo appena citato, sostennero che i popoli stabiliti in Calabria presero il nome dal re da cui furono guidati.

Altre fonti, poco precisate, ritennero che queste etnie presero il nome dalle caratteristiche del territorio calabrese su cui si distribuirono.
È per questo che il buon vino calabrese viene associato al popolo degli Enotri, popolo dell’Età del Ferro, giunto qui intorno all’XI secolo a.C. oppure nel periodo tra il XV – XII secolo a.C. Furono i Greci a denominare Enotria la zona abitata dagli Enotri.

Il termine deriva dal greco “oinòs” che significa vino, infatti la zona da loro occupata era ricca di vigneti. Per altri, gli Enotri, si chiamarono così dal nome del principe dell’Arcadia.

Parecchie testimonianze della produzione di vino in Calabria ci vengono date dai “palmenti”, vasche che servivano per la produzione del vino, scavate nella roccia, nelle grotte, oppure costruite in muratura.

L’origine di questi palmenti è dibattuta

Secondi alcuni studiosi, risalgono al periodo pre-ellenico, secondo altri, al IV secolo a.C., periodo in cui iniziò la colonizzazione dei Bruzi. Infine, si ipotizza che i palmenti risalgono al periodo romano. Furono usati fino al periodo bizantino, come attestano le croci incise su alcuni di essi, ma alcuni palmenti furono usati dai nostri contadini fino agli anni ’50 – ’60.

È difficile stabilire l’esatta origine dei palmenti, in quanto molti furono rimaneggiati. Sono sparsi un po’ su tutto il territorio, io ho avuto di vedere qualche palmento di Ferruzzano (RC) e di S. Caterina dello Ionio (CZ). Il termine deriva dal latino “palmes”, tralcio di vite o da “paumentum”, il pigiare.

Il tipico palmento era costituito da due vasche, comunicanti tra loro attraverso un foro: una superiore, dove l’uva veniva pigiata con i piedi o altro, ed una inferiore, dove si raccoglieva il mosto. Per alcuni giorni si lasciava il mosto, appena pigiato, a riposo nella vasca superiore e il foro comunicante era tappato con dell’argilla. Tale tappo veniva poi rimosso per far scolare il mosto nella vasca inferiore.

Palmento di Ferruzzano (RC)
Palmento di Ferruzzano (RC)

Tra il X e l’VIII secolo a.C. comparvero genti di origine greca nell’Italia meridionale e seguirono ancora i Bruzi, i Lucani, i Romani, i Visigoti, gli Ostrogoti, gli Arabi, i Longobardi, i Bizantini, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi, gli Austriaci, i Borboni.
Non possiamo dimenticare altre civiltà arrivate in Calabria, non con lo scopo di conquistarla, ma per altri motivi, quali la fuga da persecuzioni o perché invitati per favorire l’organizzazione dell’esercito romano. Arrivarono così anche gli Ebrei, gli Armeni, i Valdesi e gli Albanesi.
Queste due ultime popolazioni, insieme ai Grecanici, cioè coloro che vivono sulle pendici sud dell’Aspromonte, costituiscono le minoranze etnico-linguistiche della Calabria.

La lingua, la cultura e le tradizioni dei Grecanici esistenti ancora in Calabria, hanno origini molto remote

Alcuni studiosi ritengono che queste origini risalgono al VIII secolo a.C., periodo in cui gruppi di coloni greci si stanziarono sul suolo fertile e ricco di fiumi della Calabria. Nacque così la Magna Grecia.

Secondo altri ricercatori invece, le origini grecaniche risalgono al periodo bizantino, datato tra il VI secolo d.C. fino all’anno 1000. Molti studiosi infine, ritengono che entrambi questi periodi siano coinvolti nel formare la cultura grecanica. In particolare, nel primo periodo si fondò, nel secondo ci fu una rivitalizzazione ed un rafforzamento di tale cultura.

Sono rimasta affascinata dal borgo di Gallicianò (RC), definito come “Acropoli della Magna Grecia”, soprattutto alla vista di una stele che accoglie il visitatore appena arrivato e recita in lingua grecanica: “Gallicianò è qui solo sulle montagne cariche di dolori e di canti”.

Stele di Gallicianò (RC)
Stele di Gallicianò (RC)
Chiesa di S. Giovanni Battista vista dalla chiesa di S. Maria di Grecia, Gallicianò (RC)
Chiesa di S. Giovanni Battista vista dalla chiesa di S. Maria di Grecia, Gallicianò (RC)

Degli Ebrei rimangono numerose tracce

Oltre ai nomi di vie, quartieri e monti, necropoli, oggetti in ceramica e tracce di una sinagoga del periodo ellenistico-romano del IV secolo presso Bova Marina, esiste una sinagoga ebraica in funzione a Serrastretta (CZ). Questa sinagoga si chiama “Ner Tamid del Sud”, e cioè, Luce Eterna del Sud, ed è gestita da una donna ebraica, Barbara Aiello. Ancora oggi, inoltre, i Rabbini si recano sulla Riviera dei Cedri per scegliere i cedri dalle caratteristiche particolari per celebrare la festa del Sukkòt, che rievoca l’uscita del popolo di Israele dall’Egitto.

Ner Tamid del Sud
Ner Tamid del Sud
Ner Tamid del Sud
Ner Tamid del Sud

Il primo nome attribuito alla Calabria pare sia di origine ebraica, ASCHENAZI

Deriva dal nome del nipote di Noè, Aschenez. Si narra infatti, anche se non esistono fonti sicure, che intorno al 1900 a.C., molte città della Calabria furono fondate da Aschenez.

Con l’arrivo degli Ausoni, popolo del Bronzo Medio, la Calabria prese il nome di AUSONIA, che significa, terra molto fertile. Con il popolo dei Morgeti, la Calabria prese il nome di MORGEZIA, dal re Morgeto, figlio del re Italo. Nel V secolo a.C., i Greci chiamarono la Calabria, ITALIA, in memoria del re Italo. Furono poi i Romani ad estendere questo nome a tutta la nostra penisola, ma ancora prima, la Calabria ebbe il nome di BRUZIO con l’arrivo dei Bruzi. Infine, prese il nome di CALABRIA con i Bizantini, che significa, abbondante di ogni bene.

È importante ricordare che, sempre a causa delle varie persecuzioni tra i secoli VII – IX, molti monaci dall’oriente giunsero nell’Italia meridionale.

Ricca è la testimonianza del loro vissuto, soprattutto le numerose grotte rupestri

Grotte di Petilia Policastro (KR)
Grotte di Petilia Policastro (KR)

Le coste calabresi sono costellate di castelli e torri di difesa/avvistamento

Già nel periodo bizantino furono costruiti per la difesa contro le incursioni longobarde e arabe. La loro costruzione fu intensificata con i normanni, gli svevi e gli angioini, per proteggersi contro le scorrerie provenienti dal mare, turche e dei pirati. Numerosi erano i borghi fortificati, muniti di cinte murarie e porte per la difesa, ma troviamo anche casali, chiese e monasteri fortificati.

Grangia certosina e cistercense fortificata dalle torri angolari, Montauro (CZ)
Grangia certosina e cistercense fortificata dalle torri angolari, Montauro (CZ)

Mi preme ricordare alcuni grandi artisti calabresi come Mattia Preti di Taverna (CZ), Andrea Cefaly di Cortale (CZ), Pietro Negroni di Cosenza, Francesco Jerace di Polistena (RC), Mimmo Rotella di Catanzaro. Numerosi artisti non calabresi hanno lasciato opere di notevole prestigio in Calabria, come Antonello Gagini di Palermo, con le sue Madonne col Bambino, Pietà ed Annunciazioni in marmo. Giovan Francesco Pitorno (noto come Frate Umile) di Palermo, realizzò diverse sculture in legno di Cristo. L’elenco continua: G. B. Mazzolo, Gian Lorenzo e Pietro Bernini, Simone Martini, Antonello da Messina, Giovanni Brancaccio, Luca Giordano, Pietro da Cortona, Bartolomeo Vivarini, Jusepe de Ribera, Giovanni Battista Caracciolo, Renato Guttuso, Salvador Dalì, Giorgio De Chirico, Michelangelo Pistoletto e così via.

La Pietà del Gagini di Soverato (CZ
La Pietà del Gagini di Soverato (CZ)
Ecce Homo di Frate Umile a Dipignano (CS)
Ecce Homo di Frate Umile a Dipignano (CS)

Ancora prima delle impronte degli uomini, abbiamo quelle della natura e degli animali

Secondo lo zoologo e paleontologo C. J. Forsyth Major, la Calabria faceva parte di un ipotetico continente denominato Tirrenide, in quanto la parte centrale di questo continente occupava l’attuale Mar Tirreno. Secondo questa ipotesi di alcuni geologi, millenni fa (probabilmente durante il Mesozoico, 250.000.000 di anni), questo continente, che comprendeva, oltre alla Calabria, la Corsica, la Sardegna, parte della Sicilia, le isole dell’Arcipelago Toscano, le Alpi Apuane, il Circeo e forse inizialmente l’Africa, fu sommerso dal mare. Parte di esso, e cioè la parte occupata dalla zona che divenne la Calabria, rimase a galla.

La pressione della parte sommersa provocò la frattura della Calabria dal territorio che divenne la Sicilia. Dopo tale frattura, la Calabria fu quasi completamente sommersa dal mare. Dopo un lento processo di sollevamento, emersero alcuni lembi della Calabria, corrispondenti agli attuali rilievi montuosi dell’Aspromonte, del Poro, delle Serre e della Sila, separati tra loro dalla presenza di mare. In seguito a varie alluvioni, che trasportarono sedimenti nei tratti in cui c’era il mare e ad un ulteriore sollevamento della terra, i vari lembi si unirono ed ecco la Calabria che conosciamo oggi.

Sull’origine della Calabria sono in corso studi, dai quali emergono altre ipotesi

Alcuni esempi di strutture geologiche ci vengono dati da alcuni monoliti, come Pietra Cappa, il più alto d’Europa, appartenente al periodo Oligocene, 33-23 milioni di anni fa.
Meravigliosi sono pure i Calanchi di Palizzi, che risalgono a circa 3.600.000 anni fa. Si trovavano in mare chiuso ad una profondità tra 800 e 1000 metri. Alcuni sono bianchi e altri hanno una colorazione grigio-azzurrastra. Il colore bianco si riferisce ai periodi di mare caldo, ed è dovuto ad un deposito di micro-organismi con gusci, sul fondo. Il grigio invece consiste nel deposito di argilla sgretolata, nel periodo in cui il mare era più freddo.

Calanchi di Palizzi (RC)
Calanchi di Palizzi (RC)

Le “orme” in Calabria si trovano talvolta in luoghi impervi, difficilmente raggiungibili, nascosti dalla fitta vegetazione e rischiano di essere “dimenticate”, cancellate, non solo dalle intemperie, ma soprattutto dall’incuria dell’uomo.

Molti di questi siti e beni archeologici, architettonici ed artistici sono poco conosciuti e per questo motivo è importante divulgarli.
Di pari passo sarebbe indispensabile renderli anche più fruibili perché la nostra bella Calabria è così ricca di storia e di tradizioni e non merita di cadere nell’oblio.

Articolo a cura di Silvana Franco