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Quando si parla di gastronomia in Calabria, non si può fare a meno che pensare al peperoncino. Infatti nella cucina calabrese, in quasi tutti i piatti è presente. La nostra regione, oltre ad essere tra le prime per produzione nel Bel Paese, è quella che ne consuma di più. Ma nonostante tutto, la sola Calabria non basta a soddisfare la grande richiesta se si guarda oltre i confini regionali. Il peperoncino nostrano, per potere competere con gli altri produttori (Cina, Egitto e Turchia), necessita di una filiera di qualità superiore, innovativa e integrata. Questa bacca ottenuta da alcune varietà piccanti del genere di piante Capsicum, fino a poco tempo fa veniva coltivata per lo più negli orti di famiglia o nelle terrazze condominiali. Infatti, basti pensare che in Italia, da 10 kg di peperoncino fresco si ottiene 1 kg di prodotto essiccato, macinato in polvere pura al 100% e commerciabile a 15 euro, l’analogo prodotto dalla Cina ha un costo di soli 3 euro, ed è il risultato di tecniche di raccolta e trasformazione molto grossolane, con le quali la piantina viene interamente triturata –compresi picciolo, foglie, radici – con pochissime garanzie di qualità e requisiti fitosanitari ben diversi da quelli conformi ai regolamenti europei e anche quando il peperoncino viene importato fresco o semi-lavorato da Turchia o Egitto, la sua qualità viene compromessa dall’utilizzo di molti conservanti.

L’elevato costo di produzione del peperoncino in Italia, sia fresco sia trasformato in polvere, è dato, soprattutto, dall’incidenza della manodopera e da procedure di trasformazione altamente professionali, compresi macchinari per l’ozono per una perfetta essiccazione. Alla luce di ciò, è necessario per una maggiore valorizzazione e tutela del prodotto che, grazie al microclima e alle caratteristiche orografiche del terreno, trova nella nostra regione l’ambiente ideale per la sua coltivazione, pensare alla creazione di una denominazione di origine territoriale, in modo da assicurare al consumatore finale garanzia di qualità, tracciabilità e salubrità e un valore aggiunto adeguato alla parte produttiva, incentivata ad aumentarne la coltivazione estensiva, localizzata per lo più in regioni come la nostra. Con la creazione di questo marchio si verrebbe incontro alla domanda sempre crescente dell’industria alimentare, che produce sughi e salami piccanti, senza dimenticare l’export, con la richiesta per salse e condimenti delle grandi aziende del food, fra le quali spiccano quelle dei Paesi Bassi, che rappresentano attualmente la destinazione del 50% della produzione di peperoncino della Calabria.