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La campagna di raccolta avviene nella totale incertezza per il ddl Sicurezza, che blocca una filiera in forte crescita.

A settembre approderà in Aula, alla Camera dei deputati, il disegno di legge Sicurezza, approvato dalle Commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali di Montecitorio, nel corso della maratona notturna dell’1 agosto; le commissioni congiunte hanno approvato pure l’emendamento del Governo 13.06 che vieta l’importazione, la lavorazione e la vendita di infiorescenze di canapa industriale e dei prodotti contenenti tali infiorescenze come resine, oli ed estratti.
Così si vuole porre fuori mercato la parte più pregiata della canapa da estrazione, basata sulla produzione di derivati da cannabidiolo (CBD), utilizzati per impieghi riconosciuti ampiamente anche dalla normativa europea.
Intanto, in questi giorni, nel clima instaurato di piena incertezza sul futuro del settore si è avviata, nei campi e nelle serre, la campagna di raccolta. Gli agricoltori non sanno, però, se potranno vendere al meglio il prodotto, pur essendo esso legale, tracciato e controllato dalle stesse forze dell’ordine.
All’indomani della sedutafiume alla Camera, Cristiano Fini presidente di Cia Agricoltori italiani ha usato parole dure: l’approvazione dell’emendamento

E’ una grave sconfitta per la libera impresa in Italia. È stato bloccato un settore in forte crescita, trainato soprattutto dai giovani agricoltori. La decisione parlamentare è frutto di pregiudizi ideologici ed è, dispiace dirlo, il risultato di un mancato dialogo con gli operatori del settore, malgrado i proclami di questo Esecutivo di non voler disturbare chi vuole fare e di non ostacolare le imprese italiane che creano ricchezza.

Il Masaf ha Tavoli ministeriali e interministeriali di lavoro su tante filiere agricole e problematiche, con il coinvolgimento e la compartecipazione delle organizzazioni di rappresentanza; occorrerebbe riconvocare il Tavolo della filiera della canapa, istituito a febbraio 2021 dall’allora ministra Teresa Bellanova.

La redazione de “L’informatore agrario” intervista, in merito alla controversa questione della canapa, anche Ivan Nardone, dell’area economica di Cia Agricoltori italiani.

Nel 2016 in Italia venne approvata la legge n. 242, senza nessun voto contrario in Parlamento, per sostenere il rilancio del settore della canapa; da allora molti agricoltori, soprattutto giovani, hanno investito in questo settore produttivo.

Oggi ci sono circa 3.000 aziende che danno lavoro a circa 15.000 persone stabilmente e a 30.000 lavoratori stagionali. Potrebbero essere pesantissime le ricadute non solo sulle aziende, ma anche su filiere agroindustriali di eccellenza come la cosmesi, il florovivaismo, gli integratori alimentari, l’erboristeria, che nulla hanno anche fare con le sostanze stupefacenti.

Bisogna fare il possibile perché il Governo e la Maggioranza ci ripensino, nell’esame del provvedimento in aula a Montecitorio e poi al Senato. Altrimenti, ancora una volta, gli agricoltori, di concerto con gli altri segmenti della filiera, saranno costretti a faticosi e costosi ricorsi in sede giuridica, pur di vedere riconosciuti quei diritti previsti dalle normative comunitarie.

Una strada purtroppo già intrapresa, pensiamo alle sentenze del Tar del Lazio n. 2613 e 2616 del 2023 che accolsero il ricorso contro il decreto interministeriale sulle officinali del 21 gennaio 2022 che ammetteva il solo utilizzo dei semi; il Tar riconobbe che nelle preparazioni erboristiche con canapa officinale si potevano impiegare foglie, estratti e anche i fiori.
Quella delle carte bollate, però, è una via lunga, intanto il prodotto, che è deperibile potrebbe andar perso, molti investimenti saranno vanificati, intere filiere saranno abbandonate o alimentate con prodotto non nazionale, con investimenti magari delocalizzati in Nord Africa dove certo non mancano terra, manodopera a basso costo e misure fitosanitarie meno severe.

L’Italia, inoltre, rischia di essere l’unico Paese europeo a considerare il CBD come stupefacente, favorendo aziende straniere, soprattutto francesi e tedesche, nel complesso di un mercato
sempre più fiorente. E le nostre aziende agricole – per una pianta, che ha mille utilizzi – saranno costrette a delocalizzare o a chiudere.
Quando parliamo di inflorescenza parliamo sicuramente anche di «canapa light», un prodotto agricolo del florovivaismo
che contiene un livello di THC − la molecola che ha effetti psicotropi − sotto i limiti dello 0,3%.
Questo limite è stato fissato dalla normativa europea nel 2020 al punto che i produttori di canapa, alla pari di altri agricoltori, beneficiano di un sostegno comunitario.
Parliamo, dunque, di un prodotto con livelli così bassi di THC che larga parte della letteratura scientifica internazionale e gli organismi di regolazione sono concordi nel ritenere che non causi alcun pericolo di alterazione
psicofisica. La canapa industriale non è una droga, insomma.

di Gaetano Menna

Fonte informatoreagrario.it