La crisi dei dazi USA sul vino italiano
All’inaugurazione di Vinitaly, evento internazionale dedicato al vino presso Veronafiere, il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha lanciato un appello chiaro: serve una risposta immediata per contrastare i dazi al 20% imposti dagli Stati Uniti sui prodotti europei, compreso il vino Made in Italy.
Fini ha definito la situazione una “batosta trumpiana” che mette in luce le fragilità di un comparto che vale 2 miliardi di euro solo sul mercato americano, primo sbocco per le etichette italiane. Il settore vitivinicolo, infatti, è da tempo vittima di una politica restrittiva e discriminatoria, sia a livello nazionale che europeo, che non può più essere sostenuta dalle aziende.
Necessario un negoziato con gli USA
Per Cia è essenziale negoziare con Trump e trovare un accordo che eviti una guerra commerciale dai risvolti potenzialmente devastanti. Questa crisi deve trasformarsi in opportunità per affrontare il fenomeno dell’Italian Sounding, che da solo vale oltre 100 miliardi di euro, e per ottenere dall’Europa una regolamentazione più adeguata contro le pratiche commerciali sleali.
Il vino italiano negli USA: un patrimonio da difendere
Il settore vitivinicolo italiano è uno dei più dinamici del comparto agroalimentare, con un peso significativo sull’export oltreoceano (26% delle esportazioni), in crescita del 7% annuo. Tra i vini da tutelare, i bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia (48% di export USA, 138 milioni di euro nel 2024), i rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni).
Un pacchetto vino per sostenere la competitività
Fini ha sottolineato che il Pacchetto vino europeo deve essere rafforzato, liberando i produttori dai troppi oneri burocratici e puntando a promozione, crescita e diversificazione. È il momento di rivedere anche il Nutriscore e di dire basta alle etichette allarmistiche e alle imposte sul consumo di vino. La narrazione deve cambiare, valorizzando le scelte consapevoli, la tracciabilità e la qualità in etichetta.
Affrontare le fragilità interne del mercato vitivinicolo
Oltre alla questione internazionale, Fini ha evidenziato anche le fragilità interne del settore, che rappresenta l’1,1% del PIL nazionale. Negli ultimi trent’anni, i consumi interni sono calati del 21%, e si prevede un ulteriore 5% di riduzione a causa del nuovo Codice della Strada. Inoltre, gli ettari vitati sono diminuiti del 15% dall’inizio del millennio.
Guardare al futuro con coraggio
Nonostante le criticità, Fini rimane fiducioso: in Italia ci sono 30 milioni di persone che bevono vino, un dato stabile nel tempo. La produzione delle IG è in crescita, così come l’interesse per i vini dealcolati. La viticoltura italiana ha radici profonde, basate su tradizione e innovazione, e può tornare ad essere competitiva e attrattiva se supportata da politiche mirate e investimenti adeguati.
Trasformare la crisi in opportunità
Per garantire il futuro del settore vitivinicolo, Cia chiede alle istituzioni UE e al Governo un’azione concreta e immediata. Serve un’impalcatura solida di provvedimenti e risorse per sostenere reddito e investimenti, accompagnando il lavoro degli oltre 200 mila viticoltori italiani.
